E Volk
batte subito la lazio
E
finalmente venne il giorno del primo derby. Roma aveva sempre invidiato a Milano
e a Torino l'incontro stracittadino, ma l'occasione non si era mai presentata
perché la Roma e la Lazio partecipavano al campionato in due gironi diversi.
Il girone unico consentì la prima sfida tra le due squadre più
forti della Capitale, fissando la in calendario per il giorno 8 dicembre 1929.
Il sorteggio parve favorire la Lazio. L'organizzazione dell'incontro venne infatti
affidata alla società rivale dei giallorossi, che dette appuntamento
alla Roma sul campo della Rondinella sotto le pendici di Villa Glori. Fulvio
Bernardini, il giocatore di maggiore prestigio della Roma di allora, si era
affermato nella Lazio e non volle scendere in campo per motivi di stile. Si
appellò a una divergenza contrattuale ancora irrisolta e per giunta si
dichiaròindisposto. La Roma avrebbe dovuto fare a meno di lui. Nella
Lazio figuravano invece due "ex" giallorossi con meno scrupoli, l'ala
destra Ziroli e l'ala sinistra Sbrana. Molto temuti erano il famoso portiere
Ezio ScIavi e il travolgente attaccante Pastore. A metà settimana, con
l'attesa che si stava facendo morbosa, i dirigenti della Lazio decisero di spedire
la squadra in ritiro e scelsero una località segreta dei Castelli Romani.
La Roma invece volle che la squadra non cambiasse abitudini: «Resteremo
in città - disse Ferraris IV - perché la gente è tutta
con noi. Sono i laziali che devono andare in esilio da Roma, non i romanisti».
Ma le autorità erano ugualmente preoccupate. Fu stabilito che lo stadio
della Rondinella venisse protetto da un imponente servizio d'ordine, che prevedeva
l'impiego di seicento tra agenti di polizia, carabinieri e volontari della Milizia
nazionale. Come arbitro venne designato Carraro, che vantava molto prestigio
ed era considerato un uomo dal carattere di ferro. La prima grande sorpresa
l'ebbero gli spettatori. I tifosi della Roma avevano rastrellato tutti i biglietti
in circolazione, per cui la Lazio fu costretta a giocare in trasferta. Ce lo
testimonia" Il Littoriale" del giorno dopo: «I nove decimi dell'immenso
pubblico che ha gremito lo stadio della Rondinella agitavano bandierine giallorosse.
Sapevamo che a Roma la maggioranza del pubblico volge le sue simpatie ai giallorossi,
ma credevamo che anche gli azzurri avessero molti tifosi. Invece ci siamo dovuti
veramente ricredere».
Dovettero
ricredersi anche quelli che avevano data per favorita la Lazio, perché
la Roma dominò tutto l'incontro, cogliendo due pali con Volk e Benatti
(la veloce ala destra detta "er sorcetto") per poi segnare la rete
decisiva nel finale dell'incontro con un tiro del suo centravanti. Vogliamo
descriverlo con le parole del cronista di allora, che fa uso di un linguaggio
ormai dimenticato. «Manca soltanto un quarto d'ora al fischio finale e
il risultato è ancora perfettamente ad occhiali. Fu a questo punto che
l'estro felice di Ferraris IV d'improvviso si risvegliò. In un duello
con la mezzala laziale Malatesta, Attilio si svincolò bruscamente e allungò
la palla a Volkl che la folla invocava a gran voce, scandendo il nomignolo di
nuovo conio: "Sciabbolone". Volk stava, come al solito, con le spalle
alla porta: attese la palla mentre i terzini laziali Saraceni e Bottaccini accorrevano
su di lui come locomotive sbuffanti. All'improvviso si voltòcon un dietro-front
vertiginoso e tirò rasoterra in rete nell'angolo più impensato.
Sciavi si distese in un tuffo disperato, mentre la sfera di cuoio già
scuoteva la rete». Era il primo decisivo gol della storia dei derby disputati
tra la Roma e la Lazio.
La stangata era partita dal piede di un attaccante di razza. Volk era nato a
Fiume nel gennaio del 1906 e possedeva delle straordinarie doti fisiche. La
sua potenza di tiro era esplosiva e Fulvio Bernardini ricordava ancora con ammirazione
le sue prodezze sul fango, quando il pallone di cuoio, imbevuto di acqua, diventava
pesantissimo. Volk riusciva a staccarlo da terra con una violenza tale che rivelava
una impalcatura muscolare straordinaria. Fu il primo attaccante popolarissimo
tra i tifosi, che gli appiopparono una serie di soprannomi. Siccome era biondissimo
e faceva pensare ad un eroe germanico fu subito chiamato da tutti "Sigghefrido".
Ma quando cominciò a segnare gol a grappoli con le sue micidiali sciabolate,
diventò"Sciabbolone". Vinse il titolo di cannoniere nel 1930-31
con 29 gol, ma già nei dueanni precedenti era terminato secondo alle
spalle di Rossetti e del grande Meazza.
I cronisti di allora lo chiamarono "il centravanti calamita" per la
capacità di mantenere sempre il possesso della palla. La sua riserva
di fiato era superiore a quella degli altri giocatori del suo tempo e gli consentiva
negli ultimi minuti di scattare con tale veemenza, da sorprendere sempre gli
avversari, realizzando gol importantissimi.
Tratto da La Roma una Leggenda Editrice il Parnaso
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